Diagnosi
La diagnosi della malattia di Parkinson è essenzialmente clinica, ovvero non viene posta sulla base di test di laboratorio specifici ma a partire dall’analisi dei sintomi presentati dal paziente; per tale motivo presenta un certo grado di criticità. I segni e i sintomi della malattia di Parkinson possono riscontrarsi anche in altre condizioni cliniche denominate Parkinsonismi (sia di tipo neurodegenerativo che secondari ad altre patologie o all’uso di farmaci) perciò, al momento della diagnosi, un’attenzione particolare sarà posta nel differenziare tali forme dalla vera e propria Malattia di Parkinson.
Gli elementi considerati in fase di diagnosi riguardano:
- Segni motori cardinali
- Tremore di riposo, distale, 3-6 Hz
- Rigidità
- Bradicinesia
- Esordio asimmetrico
- Responsività alla L-DOPA
- Assenza di segni atipici
- Precocità di: instabilità posturale, fenomeni di freezing, deterioramento cognitivo, allucinazioni, movimenti involontari patologici, paralisi, verticalità dello sguardo.
- Cause accertate di parkinsonismo secondario (lesioni focali, farmaci, tossici).
La diagnosi di malattia di Parkinson è possibile nel momento in cui il medico neurologo rileva la presenza di almeno 2 dei 4 segni cardinali (uno deve essere tremore o bradicinesia), l’assenza di sintomi atipici e una documentata risposta all’uso di L-dopa.
Durante l’iter diagnostico, il ricorso a esami strumentali quali TC cerebrale, della RM encefalica, PET, SPECT, test neurofisiologici e neurovegetativi è valutata dal medico specialista caso per caso e finalizzata a differenziare la Malattia di Parkinson da altre condizioni cliniche.